Gaia

LA MIA STORIA DI DIASTASI

Mi chiamo Gaia, ho quasi 43 anni e sono madre di 2 figli, uno di 5 anni, nato da parto naturale, e uno di 1 anno e ½, nato da cesareo.
Il giorno dopo la nascita del mio secondogenito, quando le infermiere mi hanno fatto alzare, sono andata in bagno e, guardandomi allo specchio, ho notato la strana forma della mia pancia.
La parte superiore dell’addome, sopra l’ombelico, rimaneva sporgente in fuori, come non era mai stata, nemmeno all’indomani della nascita del mio primo figlio.
Premetto, durante le gravidanze non ho mai acquisito troppo peso, massimo 9 o 10 kg, smaltiti tutti regolarmente al momento del parto, quindi quell’improvviso “accumulo” mi sembrava abbastanza strano.
La mia ginecologa, però, mi ha tranquillizzata: ma sì, hai appena partorito, datti tempo e tornerà tutto come prima.
Il tempo passava e questa strana pancia alta e bozzuta non accennava a sparire, così ho iniziato a provare a rimettermi in forma, riducendo l’alimentazione – compatibilmente con l’allattamento – e iniziando a praticare workout casalinghi: i chili in più erano persi, ma la situazione pancia non accennava a migliorare.
In primavera, presa la decisione di dare un “aiutino” chirurgico al seno, ormai provato da due allattamenti esclusivi, mi sono rivolta ad  un chirurgo estetico di fiducia per un preventivo che includesse anche una liposuzione all’addome superiore per migliorare un pò quello che credevo fosse un accumulo di tessuto adiposo e, inaspettatamente, mi sono sentita dire “Signora, ma lei qui ha un problema di diastasi”.
“Diastasi? E che cosa sarebbe?” è stata la mia risposta perplessa e sono venuta a scoprire che, all’interno del mio corpo, i fasci dei retti addominali, dopo aver lasciato spazio al “pancione” in gravidanza ed essere stati spostati dal chirurgo durante il cesareo con metodo Stark, non sono mai tornati al loro posto.
Tornata a casa, ho deciso di approfondire la conoscenza di questa patologia che non conoscevo e mi è tornata subito in mente la pancia di mia madre, reduce da un cesareo con taglio verticale anni’70, che ha lasciato questo mondo anni fa, magrissima ma con un addome enorme e sporgente … navigando in internet ho scoperto che, a lungo andare, i muscoli addominali si divaricano sempre di più, lasciando scoperte e prive di protezione le anse intestinali, che esistono video di donne con accentuata diastasi che quotidianamente vedono allo specchio i movimenti della loro peristalsi …
Mi si è aperta una finestra su un futuro non troppo lontano con cui non desideravo assolutamente venire a contatto, così ne ho parlato con mio marito per valutare insieme l’ipotesi di un’operazione di chiusura dei retti in abbinamento con il tanto desiderato “ritocchino” al seno.
Mio marito mi ha appoggiato subito in questa scelta: era una questione di salute, più che di bellezza e nessuna dieta, nessun massaggio, nessuna ginnastica avrebbero potuto mai risolvere il mio problema, come non avevano mai risolto quello di mia madre prima di me, l’unica via praticabile era quella chirurgica.
Dopo una valutazione ecografica, che ha confermato la diagnosi di diastasi ipotizzata dal chirurgo, ho proseguito nel mio iter di analisi cliniche e visite con il chirurgo, sperando di potermi operare dopo l’estate, purtroppo un ricovero inaspettato in ospedale insieme a mio figlio maggiore, per polmonite, ha fatto slittare in avanti i tempi, ma poi, finalmente, il 23 novembre del 2016 sono scesa in sala operatoria.
Vista la mia corporatura comunque abbastanza esile, ho optato per un’addominoplastica ridotta, con chiusura chirurgica dei retti, ingresso dall’ombelico e dal taglio già presente del cesareo, in combinazione con la mastopessi: un intervento combinato della durata di 4 ore, dal quale mi sono svegliata viva e vegeta, un po’ intontita dalla sedazione, avvolta in un busto di gesso parecchio scomodo per 24 ore, senza catetere ma con due drenaggi all’inguine … e un grande peso finalmente tolto di dosso.
Già appena tolte le bende ho notato la sostanziale differenza proprio nella consistenza del mio tessuto addominale: quel buco al centro della pancia poco sopra l’ombelico era finalmente sparito.
Dopo una degenza di due notti in clinica e la rimozione dei drenaggi sono tornata a casa, indossando per un mese reggiseno post operatorio e pancera giorno e notte, ho avuto un post operatorio davvero ottimale, senza dover ricorrere ad antidolorifici di alcun tipo, dopo una decina di giorni sono tronata a guidare la macchina, dopo 20 ho potuto sollevare di nuovo in braccio mio figlio piccolo e sono ritornata al lavoro.
Nel mio caso, la vicenda si è conclusa abbastanza velocemente per la scelta (e la possibilità) di ricorrere a un chirurgo estetico privato, ma mi rendo conto che questo percorso è stato privilegiato rispetto a quello di tante donne e mamme come me che hanno la sfortuna di vivere in Regioni dove l’intervento di addominoplastica con chiusura dei retti non è mutuabile, non è eseguito da chirurgi estetici, ma solo da chirurghi generali ovvero dove esistono lunghe liste di attesa, anni interi in cui bisogna convivere con una patologia che, giorno dopo giorno, diventa sempre più invalidante.
La mia storia è una storia “semplice” ma non tratta affatto di una patologia semplice.

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