La storia di Mariarca

Diastasi

Mariarca 30 anni, “combatteró per far si che la diastasi diventi patologia in tutta Italia!”

Sono diventata mamma per la prima volta nel 2010 con parto cesareo e nel 2013 ho avuto la mia seconda gioia. Avevo messo su molto peso e nel 2016 ho iniziato un percorso tra il mangiar sano e l’attività fisica. Ma più perdevo peso, più la mia pancia non diminuiva. Ho iniziato a farmi mille domande sul perchè la mia situazione non migliorasse. Vedevo che durante gli esercizi addominali, fuoriusciva una specie di pallina sopra l’ombelico (la cresta) così decisi di fare un’ecografia credendo fosse un ernia ma invece si trattava di diastasi.

 

Il Gruppo

Mi si aprì un mondo… cosa era?

Grazie al gruppo capii che non ero ne la prima ne l’ultima. Tutti quei fastidi allo stomaco, alla schiena , l’incontinenza ad ogni starnuto o colpo di tosse, il gonfiore dopo i pasti e sembrare perennemente incinta, a 30 anni è orribile.

Con coraggio feci un’ecografia più approfondita. La mia diastasi era di 5,5cm sovraombelicale. Prenotai una visita a Roma all I.D.I. (perchè a Napoli il ssn non è disponibile) così, entrai in lista con il dottor. Alessio Caggiati il 22 dicembre 2016.

Il 15 marzo 2017  la  preospedalizzazione e il  12 giugno finalmente l’intervento. Sono passati quasi due mesi. Le differenze?

Non ho piu incontinenza, la schiena non mi fa male, non porto più con me il gaviscon in borsa per i forti dolori allo stomaco. Ma la cosa più importante… è che mi sento viva!

Ringrazio il gruppo DIASTASI DONNA per avermi dato appoggio e la possibilità a tutte noi di sperare, io combatterò per le mamme che come me non sanno che tutto questo puo essere fatto in ssn, e sopratutto che la DIASTASI DEI RETTI ADDOMINALI è una patologia.

Non siete pazze, non è colpa vostra, se quella pancia non va via, tutto si può risolvere e tutto è possibile, spero che il messaggio di ognuna di noi arrivi lontano per far si che ogni mamma che non può spostarsi, non debba convivere con questa patologia.

La soluzione è farci sentire, e ringrazio chi ci da la possibilità di raccontarci.

Restiamo unite

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